CAMPO OPSA 2023

Questa estate la parrocchia del Duomo ha proposto ai giovanissimi un campo di servizio all’Opera della Provvidenza S.Antonio (O.P.S.A.), che è una fondazione di religione della Diocesi di Padova, è una grande struttura residenziale che accoglie persone con grave disabilità intellettiva accompagnata spesso da altre forme di disabilità. Fu voluta dal Vescovo Girolamo Bortignon nel 1955, in seguito alla sua prima visita pastorale alle parrocchie della Diocesi, durante la quale rilevò la situazione di emarginazione e bisogno in cui vivevano tante persone con gravi disabilità. L’inizio dell’attività è datata 19 marzo 1960.

È definita Opera della Provvidenza almeno per tre motivi: (1) è la “Provvidenza” stessa che bussa a questa Casa servendosi delle sofferenze e difficoltà dei disabili e delle loro famiglie; (2) la Casa diventa a sua volta “Provvidenza” per le più di seicento persone attualmente accolte e per le loro famiglie, impossibilitate a garantire una adeguata assistenza a domicilio, data la complessità delle situazioni sanitarie e sociali; (3) la Casa vive, infine, di quella “Provvidenza” che si concretizza nelle offerte dei benefattori, nei tanti amici che donano tempo e risorse di ogni tipo, nel personale laico e religioso che offre la propria professionalità e disponibilità, diventando così strumento di carità e condivisione.

I nostri giovanissimi dalla 1^ alla 5^ superiore hanno vissuto il volontariato residenziale temporale dal 3 al 6 agosto, che è un’intensa esperienza di condivisione di vita con gli ospiti dell’Opera della Provvidenza. L’intera esperienza è stata coordinata da Lorenza Bertazzo (referente dei volontari). Le giornate prevedevano due momenti di servizio con gli ospiti (dalle 9:00 alle 11:30 e dalle 15:00 alle 17:30), alternati a spazi per il riposo, per il tempo libero e per la preghiera. La giornata iniziava sempre con la celebrazione dell’Eucaristia, momento in cui lasciarsi provocare da quella realtà di fede che è alla base della storia e della vita dell’Opera. L’Eucaristia è il momento che dà senso pieno alla giornata e infonde, a chi vi partecipa, la forza dello Spirito Santo per viverla in dono e comunione fraterna sull’esempio di Gesù Cristo. Inoltre a tutti era chiesto di essere disponibili ad accompagnare gli ospiti al Rosario pomeridiano o ad una sosta in Chiesa. Alcuni giovanissimi ed educatori hanno collaborato nel servizio liturgico con la lettura, il canto e la recita del Rosario. Tali servizi sono apprezzati dagli ospiti in quanto tutte le celebrazioni sono trasmesse con la diffusione sonora in modo da poter essere ascoltate anche da chi non può andare in Chiesa.

Durante il tempo libero abbiamo condiviso tra noi giovanissimi delle attività di riflessione, abbiamo ascoltato la testimonianza di una giovane mamma che ha un figlio disabile all’interno della struttura, una pizza con serata di festa con alcuni ospiti e nel tardo pomeriggio di sabato siamo andati in pellegrinaggio alla tomba di Sant’Antonio a Padova seguendo le orme del Vescovo Girolamo Bortignon che proprio, alla tomba del Santo, ha avuto l’intuizione e la forza di far partire quest’Opera.

Sempre quella sera, dopo 19 Km di passeggiata, la Provvidenza ci ha fatto incontrare il nostro Vescovo Claudio, con il quale abbiamo fatto una chiacchierata e siamo stati ospiti pure in Vescovado (a casa sua). I momenti di fraternità dei pasti e della notte, invece, li abbiamo vissuti in una foresteria adibita all’accoglienza dei volontari.

Credo che i nostri giovanissimi hanno fatto esperienza di cosa significa instaurare una relazione profonda, assumendo mille sfumature diverse: dal semplice scambio di sguardi alla chiacchiera confidenziale, dal tendere la mano al sorriso, dal ballare insieme allo stare semplicemente seduti facendo insieme un puzzle, dal condividere una preghiera, un momento di silenzio, al saper ascoltare, ma anche all’aver voglia di raccontarsi.

Gli ospiti sono tanti, con caratteri e umori diversi, forme di disabilità gravi e meno gravi, in carrozzina o autonomi e i giovanissimi hanno imparato a “stare” con loro. È fondamentale. Non è solo ed esclusivamente questione di umiltà, ma anche di saper ascoltare e guardare cosa fanno gli operatori e i professionisti. E chiedere, anche cento volte. Questo aiuta a stemperare quella paura iniziale di sbagliare che tutti i volontari hanno e la frustrazione di sentirsi impotenti e poco utili è ricompensata da un gesto che non ti aspetti. Un disegno, un bacio, un «ciao, come stai?», il ricordarsi il tuo nome, una preghiera proprio per una persona precisa: questa è la magia della relazione che si è creata fra il volontario giovanissimo e l’ospite. L’Opsa è una grande scuola di amore e di umanità, un luogo all’interno del quale si impara a far “funzionare” il cuore. Un luogo in cui si impara ad amare e i nostri ragazzi lo hanno sperimentato nel profondo.

Don Luca

Le testimonianze dei ragazzi…

Come ogni bella esperienza che non si voglia rovinare sono partito privo di aspettative ma ricco di curiosità e domande alle quali ho saputo dare risposta durante il campo.

La cosa più bella e che mi rimarrà sempre impressa è stata la Messa con gli Ospiti.

All’inizio ero intimorito dall’inesperienza ma con il tempo e con l’aiuto degli operatori presenti mi sono sentito a mio agio, quasi come a casa. A me ha toccato il fatto che tutti gli ospiti si sentono parte di una grande famiglia e che vivono il rapporto con Gesù in modo molto amichevole. Io mi porto a casa i loro sorrisi, i loro abbracci e il loro modo di vedere le cose.

Paolo Stivanello

Ho voluto intraprendere questa esperienza all’OPSA insieme al mio gruppo ‘issimi del Duomo di Thiene e all’inizio ero teso, non sapevo cosa aspettarmi però c’era quel pizzico di curiosità che mi spingeva ad andare avanti. Il primo giorno durante la messa del mattino un’operatrice ha chiesto a me e ad altri due miei compagni se potevamo sederci vicino a degli ospiti, subito ho accettato ma sotto sotto ero un po’ agitato, non sapevo come comportarmi ma alla fine non è stato così, perché ho conosciuto un signore estremamente simpatico e solare che vedeva tutto in modo divertente. La sua presenza non è stata per niente un peso, anzi! Mi ha fatto capire, con il passare dei giorni, che anche se c’è qualcosa che ti dà fastidio, non ha senso sprecare tempo ad arrabbiarsi e intristirsi, bisogna andare avanti e cercare di risolvere il problema! Col passare dei giorni ho cominciato a conoscere meglio gli ospiti dell’ OPSA e man mano che le ore passavano la mia ansia si abbassava.

È stata un esperienza molto costruttiva e piacevole, questo non vuol dire che non sia stata faticosa ma del resto tutte le cose belle richiedo uno sforzo, no?

Benedetto Carli

Se mi chiedessero di riassumere con un aggettivo questi quattro giorni di servizio all’ OPSA risponderei: provvidenza. Una parola a cui fino ad oggi non ho mai dato troppo peso, ma già dai primi momenti del campo, conoscendo la storia di fondazione della struttura, facendo amicizia con gli ospiti della casa e collaborando con gli operatori, ha iniziato a farsi sempre più viva . Vedere ogni giorno medici, infermieri, volontari “lavorare”, o meglio “prendersi cura”, di tutti gli ospiti con grande pazienza e passione, ha scaturito in me un forte senso di comunità. Piccole attenzioni come una carezza, una chiacchera, una passeggiata e altri gesti regalava agli ospiti della casa tanta serenità e nonostante le tante difficoltà, ognuno, a modo suo, è riuscito ad  esprimere la propria gratitudine. Durante la messa della domenica e i rosari sono stato colpito dalla fortissima fede che accomuna gli ospiti e credo sia proprio quest’ultima ad essere il tramite ed il filo conduttore dell’ambiente fraterno che si respira all’OPSA. Consiglierei a tutti di fare un’esperienza di questo genere, non solo per scoprire tale realtà, ma anche per arricchire se stessi sperimentando la gioia di prestare un servizio verso i più bisognosi.

Marco Brazzale (educatore)

Dall’esperienza all’OPSA di Padova mi porto a casa tanti occhi e volti sorridenti e pieni di gioia. Ho imparato da ogni singolo ospite, ogni loro testimonianza e ogni semplice gesto il vero valore della vita. Ho avuto anche occasione di ritrovare Don Giorgio, a distanza di 10 anni, che con la sua carezza del Signore mi ha ricordato che “la cosa più importante di tutte è la vita di ognuno di noi”. Sono davvero grata di aver avuto la possibilità in pochi giorni di respirare così tanta fede e felicità

Valentina Filippi

Per descrivere il soggiorno all’Opsa di Padova vorrei utilizzare soltanto una parola: impressionante. Questo termine riassume le emozioni provate appena sono salita dall’ascensore per andare nel nucleo della seconda Immacolata il primo giorno e quando sono scesa l’ultimo giorno. È stata un’esperienza indescrivibile perché non mi sono mai sentita così importante per qualcuno, sapere che anche un semplice saluto di mano poteva fare innescare un sorriso nei confronti dell’altro, cioè per gli ospiti, e in questo modo si sentivano meno soli è stato per me bellissimo. Porto nel cuore i loro sorrisi, i balli fatti assieme in particolar modo ad Egidio e Bertilla e le chiacchierate con ognuno di loro.

Il regalo più grande che ci potesse essere fatto è stato l’aiuto reciproco che c’è stato tra di noi e gli ospiti stessi, perché mentre noi aiutavamo loro, loro ci hanno insegnato la Grazia e la Bellezza della vita e dell’essere Uomini inteso come Persone di cuore.

Anche come gruppo Giovanissimi sento che il rapporto tra tutti noi è maturato ed è stato coltivato grazie all’atmosfera di coesione sociale che si sente e si vive all’Opsa.

Desirée David

L’esperienza che ho fatto come volontaria all’O.P.S.A non è stata per niente come me la aspettavo, di fatti pensavo fossero dei giorni in cui dovevo solo aiutare gli ospiti a fare quello che ogni giorno già fanno e che non sarebbe stato impegnativo, ne fisicamente, ne emotivamente. Invece è stata un’esperienza che mi ha stravolta facendomi scoprire un mondo di cui non conoscevo l’esistenza. Mi ha colpito più di tutto il modo di relazionarsi all’interno della casa, di come non ci siano pregiudizi e anche se ci sono dei disguidi o litigi tutti si vogliono comunque bene e si rispettano. Mi rimarrà sempre in mente il momento in cui gli occhi degli ospiti s’illuminano di gioia e allegria perché non vedevano l’ora di rivederci e di ridere e scherzare assieme. Queste giornate mi hanno insegnato a vedere le persone da una diversa prospettiva, più ampia e consapevole.

Sofia Zerbo

All’inizio di questo campo ero timoroso, avevo paura di ciò che avrei dovuto fare ma soprattutto di chi avrei dovuto accudire, e invece ora che ho finito questa esperienza mi rendo conto che la cosa che più mi è rimasta sono proprio le persone che ho incontrato. La loro gioia nell’accoglierci, come se fossimo parenti che non vedevano da tempo, la loro trasparenza nel raccontarci le loro vite, e la loro immediatezza che li accompagna ogni giorno e che li contraddistingue da tutti noi. Se c’è una cosa che ho imparato è proprio questa, che dovremmo vivere come fanno loro, senza filtri, senza maschere. Quest’esperienza mi ha fatto uscire dalla mia comfort zone e ciò mi aiuterà molto nella mia crescita. Certo non nego che non è stato facile, anzi, ma come ci ha personalmente detto il vescovo di Padova quando abbiamo avuto l’opportunità di scambiarci due parole: “tutte le cose belle sono anche faticose”.

Tommaso Zausa

Ciò che mi ha colpito di più di questa esperienza è stata la gioia degli ospiti della casa nel relazionarsi con gente nuova, la loro energia, l’instancabile voglia di prendersi cura gli uni degli altri; e nonostante le loro difficoltà il voler ancora ballare, cantare e sorridere. Inoltre ammiro molto il coraggio e l’amore delle persone che lavorano ogni giorno dentro a questi ambienti.

Chiara Paccagnella